Io me lo ricordo ancora, eppure lo ricordo...
Quel sole pieno di luce inondare la cucina.
Quello sbattere con la forchetta acqua e farina, lentamente, come al rallentatore.
Flop... flop...
E gli occhi di mia madre, languidi e leggermente socchiusi, perché mai portava gli occhiali nonostante la miopia.
Me lo ricordo ancora...
L’arte del proceder cauti per ottenere crema di velluto.
«Il trucco è metterci un po’ di bicarbonato...»
Flop... flop... ancora un po’ d’acqua.
«E fare pezzi piccoli...»
Io la guardavo dal basso dei miei dieci anni.
Non l’aiutavo, ma osservavo attentamente ogni gesto, finché non mi chiedeva d’infarinare.
Fatto questo, immergevo i pezzi ad uno ad uno nella pastella.
E mi soffermavo sul lento sprofondare e l’avvolgere della crema la bianca carne, come l’ultimo abbraccio di due innamorati.
«Ora il tutto deve riposare...»
Con religioso silenzio, la zuppiera veniva riposta in frigo.
E poi il gioco fino a quando il profumo non risvegliava la fame!
Una corsa alla tavola... ed era lì, fumante, perché andava mangiato caldo, con i tondoni e le verdurine.
La ricetta del coniglio fritto, quella del nonno che io ho conosciuto solo una volta tanto tempo fa, me la ricordo ancora e la porto con me nel cuore.
E con lei mia madre, che mi ha trasmesso sensazioni ed emozioni, oltre la passione di gioire e creare tra i fornelli.
25 marzo 2007
*
Florence remember © Paula Becattini
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